Siamo pronti a chiudere il cerchio. Ci manca REYKJAVÍK, capitale del Paese.

Paesaggi invernali, lungo la costa occidentale

Ma prima di rientrare nella civiltà, ci aspettano grandiosi paesaggi di fiordi, montagne, e ancora cavalli. Anzi, sembra che il CAVALLO ISLANDESE provenga proprio da questa regione intorno a VARMAHLÍÐ, sulla Statale n.1, nel cuore di una grande pianura che riserva alcune visite interessanti.

Come VÍÐIMÝRARKIRKJA, una deliziosa chiesetta in torba risalente al 1918.

Víðimýrarkirkja (1918), minuscola chiesetta in legno e torba

Nei pressi, GLAUMBÆR FARM, la fattoria più famosa d’Islanda, con edifici in torba che risalgono al XVIII e XIX secolo. Interessante conoscere la tecnica di costruzione, legata alla scarsità di pietra e foreste e all’abbondanza di ottima torba da squadratura.

Glaumbær Farm, la fattoria in torba più famosa d’Islanda (XVIII – XIX sec.)

Le pareti delle abitazioni sono in mattoni di torba squadrati e stringati, mentre – in assenza di foreste – il legname per le infrastrutture è quello portato alla deriva sulle coste dall’oceano. Risultato: un tipo di casa che si presta a cambiare forma e dimensioni a seconda delle necessità degli abitanti, o delle condizioni meteorologiche. Pratico, ed efficiente!

Glaumbær Farm, interni di una delle abitazioni più lussuose

Procediamo. Una deviazione nei fiordi occidentali ci porta a fotografare KIRKJUFELL, la “Montagna della Chiesa” location del TRONO DI SPADE, con le pittoresche cascate KIRKJUFELLFOSS: altra occasione di foto da cartolina!

Cascate Kirkjufellfoss, con la tipica sagoma della montagna Kirkjufell sullo sfondo

Ci troviamo all’inizio della penisola di SNÆFELLSNESS. La sua estremità occidentale è occupata dal terzo (e ultimo) Parco Nazionale del Paese (dopo THINGVELLIR e VATNAJÖKULL): SNÆFELLSJÖKULL, un luogo disabitato e selvaggio di colate laviche fossili spazzate dai venti, sotto l’omonimo vulcano (1446 m), incappucciato dal ghiacciaio che dà il nome al parco.

“Un paese come schiacciato sotto una pioggia di pietre enormi” – Jules Verne, “Viaggio al centro della Terra”

Scogliere in lava nel Parco Nazionale Snæfellsjökull

Un’ultima sosta al curioso Cafè 66 di BORGARNES, che richiama – un po’ fuori rotta! – la ROUTE 66 americana, e siamo pronti ad affrontare la città.

Lungo la ROUTE 66… in Islanda

“A Reykjavík, dove sono nata, sei in mezzo alla natura circondato da montagne e oceano. Ma sei ancora in una capitale d’Europa. Quindi non ho mai capito perché dovrei scegliere tra città o natura” – Björk, cantautrice

REYKJAVÍK è la capitale più settentrionale al mondo. Qui vivono 184.000 persone, più della metà degli abitanti dell’isola. Il nome significa “Acqua Fumante”, e le fu dato nel IX secolo dai Vichinghi per la presenza di sorgenti calde: l’area geotermica della PENISOLA DI REYKJANES non è lontana! Poco più di un villaggio fino al XX secolo, si sviluppò rapidamente – insieme all’economia nazionale – dopo l’indipendenza del Paese (1944), grazie anche alla neutralità tenuta nelle due guerre mondiali. Ancora oggi, non possiede forze armate!

“Io penso che gli Islandesi hanno un rapporto diverso con il loro Paese rispetto ad altri popoli. La maggior parte di loro è davvero orgogliosa di provenire da lì. Non dobbiamo rimproverarci crudeltà come la Seconda Guerra Mondiale” – Björk, cantautrice islandese

Girando per le sue strade, si intuisce la crescita veloce e disordinata: casette di lamiera dai tetti colorati affiancano palazzi eleganti e costruzioni moderne, mentre grandi spazi attendono di essere riempiti, forse ancora dalla crisi del 2008. E intanto anatre e cigni selvatici sguazzano indisturbate nel lago in centro città, su cui si affaccia il Municipio (Ráðhús Reykjavíkur).

Ráðhús Reykjavíkur (Municipio, 1992) presso il lago cittadino Tjörnin, tra cigni e anatre selvatiche

Anche se molte guide turistiche non le rendono giustizia, a mio parere Reykjavík merita una visita: sotto un apparente anonimato cela infatti vari spunti interessanti. Iniziamo la scoperta da uno dei suoi simboli: l’originale Hallgrimskirkja, la cui architettura si ispira al basalto colonnare dell’isola.

Cattedrale Hallgrimskirkja (1986): la struttura richiama la forma del basalto colonnare

Stessa ispirazione, ma diversamente rappresentata, nell’Harpa Concert Hall and Conference Centre (2011): la sua facciata sud ha più di 10.000 vetri che cambiano colore con la luce. Come il basalto colonnare.

Facciata sud della Harpa Concert Hall and Conference Centre (2011): 10.000 vetrate policrome

Imperdibile una passeggiata lungo la vivace Laugavegur, via pedonale cuore dello shopping cittadino. Da qui si entra nella deliziosa Città Vecchia, in cui si trova anche il palazzo sede dell’attuale Parlamento (ALTHING).

Alþingishúsið, sede del Parlamento islandese dal 1881

Tra le statue, la mia preferita è Solfan Sun Voyager (foto di copertina): una nave vichinga stilizzata (1990), in splendida posizione con il fiordo alle spalle. A ricordarci la tradizione vichinga della città, e dell’Islanda tutta.

Originale palazzo in Laugavegur, la via dello shopping cittadino

Numerosi i musei, sia storici (come il Museo delle Saghe, dedicato ai Vichinghi), che artistici. Tra i più originali: il Museo Fallologico, unico al mondo nel suo genere, che presenta tutti gli apparati genitali maschili islandesi, dai capodogli agli orsi. Una sezione speciale è dedicata al sesso di elfi e troll. Non degli angeli: asessuati per definizione!

“Sono stata bollata tutta la vita come ingenua credente degli elfi, eppure non ho mai visto un elfo e non credo di essere ingenua” – Björk, cantautrice islandese

E a proposito di elfi: pare che l’80% della popolazione creda alla loro esistenza. Nessuno sa dove vivano, ma si pensa che ci sia 1 elfo ogni 500 abitanti e che, insieme a fate e gnomi, abitino in casette costruite appositamente per loro. A noi può far sorridere, ma qui vengono presi sul serio! Tanto da ritardare o modificare lavori stradali o di costruzione, se c’è il sospetto che infastidiscano qualcuna di queste piccole creature.

Elfo islandese, uno degli abitanti più piccoli e caratteristici dell’isola

Di che popolo stiamo parlando? Secondo una classifica redatta dalla SDSN (Sustainable Development Solutions Network) dell’ONU nel 2016, l’Islanda è il terzo paese più felice al mondo (dopo Danimarca e Svizzera). Sarà per la natura incontaminata, per il sole di mezzanotte o per l’aurora boreale. O per gli Islandesi stessi, campioni di patriottismo ed eguaglianza.

Conosciamoli meglio.
Gli ISLANDESI sono pochi (330.000), e dai tempi dei Vichinghi non hanno quasi subito immigrazione. Risultato: sono tutti imparentati, almeno cugini. Forse anche per questo sono così tanto “easy and friendly”, un popolo semplice e amichevole.

“La cosa più sorprendente dell’Islanda non è la splendida natura incontaminata o le maestose cascate. È il fatto che il primo ministro si trovi nell’elenco telefonico” – Anonimo

Si vantano di essere campioni mondiali di eguaglianza e libertà: tra i primi a concedere il voto alle donne (1915), primi al mondo a eleggere un presidente donna (1980), primi ad avere un primo ministro donna… sposato con un’altra donna (2009). Non per niente, discendono dalle Valchirie!

“Questa è la differenza tra le donne islandesi e le donne americane: è probabile che le donne americane restino sedute ad ascoltare le stupidaggini di cui parla il maschio” – Joanne Lipman, giornalista americana

Valchiria, rappresentata secondo le saghe norrene

Curiosa anche la politica… Tra i partiti, recentemente va per la maggiore il Partito dei Pirati, più libero e democratico degli altri: a seguito degli attendati di Parigi a Charlie Hebdo ha perfino autorizzato per legge la blasfemia. Davvero un popolo sopra le righe! E con gusti culinari interessanti.

“Tre cose sono considerate una gioia in Islanda: torte di segale calde, ragazze grassocce e latticello freddo” – Halldor Laxness, scrittore

E pensare che in un Paese così all’avanguardia la birra è legale solo dal 1989! Viking o Gull che sia, o il prodotto di una delle nuove brewery locali, è una valida alternativa al (carissimo) vino di importazione, o alla potente Reyka, distillata con acqua filtrata dalla lava. Ma tutto è utile per accompagnare i piatti della tradizione locale: pinne di pescecane lasciate per mesi a decomporsi sottoterra, bistecche di balena, testicoli di agnello, puffin e fegato di montone. Solo per citare i più succulenti!

Tranquillizzo i palati più tradizionali: sapendo dove andare e cosa ordinare, si mangia benissimo anche qui.

Anche se è bello immergersi nella cultura dei Paesi visitati. Per questo bisogna viaggiare: non si finisce mai di imparare!

Personalmente, non ne ho mai abbastanza.

“Viaggiare è una scuola di umiltà, fa toccare con mano i limiti della propria comprensione, la precarietà degli schemi e degli strumenti con cui una persona o una cultura presumono di capire o giudicano un’altra” – Claudio Magris

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