Questo non è un viaggio. Questo è il Viaggio.

È l’unica strada al mondo cui siano stati dedicati siti internet, libri, mostre fotografiche, studi sociologici e perfino tesi di laurea.

E naturalmente canzoni: come “Get your Kicks on Route 66” (o, più semplicemente, solo “Route 66“), scritta da Bobby Troup nel 1946, incisa da Nat King Cole e riarrangiata negli anni da vari altri artisti. La versione di Chuck Berry del 1961 sarà la colonna sonora del nostro viaggio.

“If you ever plan to motor West, take the highway that’s the best: Get your Kicks on Route 66” – Chuck Berry, (Get your Kicks On) Route 66

“Se mai deciderai di andare ad Ovest, prendi la via migliore: divertiti sulla ROUTE 66“!

Route 66 in Illinois

È il simbolo dell’America On the Road”: grandi spazi, rettilinei infiniti, cittadine addormentate nelle grandi pianure centrali, deserti.

Più di duemila miglia, da Chicago a Los Angeles (L.A.).

“It winds from Chicago to L.A., more than two thousand miles all the way” – Chuck Berry, Route 66

Inaugurata nel 1926, completata una decina di anni dopo, venne realizzata con tecniche d’avanguardia diventando una della prime strade asfaltate a collegare il Midwest, cuore degli USA, con l’Ovest e la California.

Chicago, l’inizio

L’inizio della sua fortuna fu un dramma epocale. La Grande Depressione seguita al crollo del 1929, cui si aggiunse la “Dust Bowl” (Conca di Polvere) che inaridiva i campi coprendo tutto di sabbia, la vide protagonista della fuga di migliaia di disperati verso la California, un esodo biblico magistralmente descritto nel capolavoro di SteinbeckFurore” (The Grapes of Wrath, I Grappoli dell’Ira), che gli valse il Nobel per la Letteratura.

“La 66 è il sentiero di un popolo in fuga. Un lungo nastro di asfalto attraverso il Paese, che si snoda dolcemente oltre le terre rosse e grigie, inerpicandosi sulle montagne, scendendo verso l’abbagliante e terribile deserto, fino alle ricche valli della California” – John Steinbeck, Furore

Passata la crisi, negli anni Cinquanta e Sessanta divenne sinonimo di libertà allo stato puro, quasi fine a stessa:

“Dobbiamo andare e non fermarci mai finché non arriviamo. Per andare dove? Non lo so, ma dobbiamo andare” – Jack Kerouac, On the Road

James Dean, simbolo hollywoodiano dell’On the Road

Una corsa simbolica verso il sole, il divertimento e la libertà, inseguendo il Sogno Americano.

“Oltre le strade sfavillanti c’era il buio, e oltre il buio il West. Dovevo andare” – Jack Kerouac, On the Road

Fece la fortuna degli 8 Stati attraversati, che si svilupparono lungo il suo percorso. Qui comparvero i primi Motel (da “motor hotel”, semplici ed economici, ideali per una sosta). I primi Fast Food. I primi Drive-In.

Historic McDonald, California

E qui spuntarono, come funghi dopo la pioggia, varie attrazioni più o meno kitsch: originali, accattivanti e divertenti “Road Attractions” create al solo scopo di incuriosire gli automobilisti di passaggio, invogliandoli a fermarsi.

A seguito della modernizzazione della rete stradale, dagli anni Settanta la Route 66 cadde in disuso, quasi scomparendo dalle carte stradali. Per fortuna nostra, un sapiente lavoro di recupero storico ne ha salvato i tratti migliori, tutelandoli come Monumento Nazionale Historic Route 66.

Il giusto riconoscimento a una strada che rappresenta un pezzo di storia degli USA, un simbolo della cultura popolare americana in cui, puntualmente, ci riconosciamo. Non solo la generazione figlia di quel Dopoguerra dal quale siamo usciti anche grazie a loro, assorbendone standard ed icone. Ma anche la mia, risultato del boom degli Anni ’60. E familiare anche ai più giovani, che l’hanno scoperta grazie ai film.

Quando mi sono messa in testa di organizzare un tour a modo mio, cercando di cogliere gli aspetti più significativi della Route, tutto questo lo sapevo già.

Route 66 in New Mexico

Quello che non avrei mai immaginato, è che mi avrebbe preso così tanto. Ho scoperto un’America diversa da quella tradizionale. Quella che ti sembra di conoscere da sempre. Quella dei buoni sentimenti. Talvolta un po’ naif, ma sempre autentica e genuina. Quella che ti fa sentire bene.

E quanto ci siamo divertiti, io e i miei compagni di viaggio! Come quando arrivi ad una festa ben riuscita, l’atmosfera della Route ti prende. Sarà per i riders sulle Harley Davidson (con bandana, codino – spesso grigio! – e giacche con le frange). O per le macchine d’epoca tirate a lucido. Per la musica dei vecchi Jukebox, o i colori dei murales… Una festa lunga più di duemila miglia. E che varietà! Quanti spunti di approfondimento! Questo è un viaggio che riassume tutti gli altri. Una spettacolare sintesi di tutta l’epopea americana.

Murales della Route 66 che illustra la storia della regione

E quanti personaggi ci hanno tenuto – metaforicamente – compagnia! Al Capone, i Blues Brothers, Elvis, Marylin, gli Eagles, Jesse James, Bonnie e Clyde, e perfino Abramo Lincoln.

Io e Abraham (Lincoln!)

Completare la guida da CHICAGO a LOS ANGELES, con foto di rito sotto al cartello del Santa Monica Pier, mi ha dato una soddisfazione immensa. Come l’impressione di aver completato qualcosa di importante.

Santa Monica, l’arrivo

Sarà sciocco? Ingenuo? Nostalgico? Probabilmente sì. Ma io ci credo. Perché, come diceva Kerouac:

“La strada è vita” – Jack Kerouac, On the Road

E la ROUTE 66 è la Madre di tutte le strade.

66 is the Mother Road” – John Steinbeck, Furore

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