“Washington è una città con l’efficienza meridionale e il fascino settentrionale” – John Fitzgerlad Kennedy (1961), 35° Presidente USA
Per chi non è mai stato negli USA, la prima meta che si sceglie per il grande salto oltre oceano è normalmente NEW YORK, la Grande Mela. E’ stato così anche per me, più di trent’anni fa. Ma l’America non è solo New York. Anzi, a dirla tutta, New York non è l’America. Eppure è uno di quei posti da vedere, almeno una volta nella vita.
E allora, perché non approfittare dell’occasione, e visitare qualcosa di più?
Così è nato questo tour, che inizia dalla capitale Washington D.C., utile a capire meglio questo grande Paese, continua con BALTIMORA, dove è nato l’inno nazionale, va a cercare gli AMISH (chi non ricorda il film “Il Testimone”?), e include le romantiche CASCATE DEL NIAGARA. Per finire in bellezza con NEW YORK, in omaggio alla meritata fama.
Per volontà di George Washington, comandante in capo nella guerra di Indipendenza e primo Presidente dei neonati USA, la capitale degli Stati Uniti d’America doveva essere “federale”, al di sopra dei singoli Stati. Dovendo escludere città già affermate come NEW YORK, BOSTON, BALTIMORA e Philadelphia, non gradite ai latifondisti del Sud, l’alternativa era crearla dal nulla.
“[George] Washington voleva che questa fosse una città federale. Ed è una città federale. Ogni uomo, che provenga dallo Stato di Washington, o da Los Angeles, o dal Texas, quando arriva e cammina per queste strade comincia a sentire che questa è la sua città” – William Howard Taft (1909), 27° Presidente USA
Il Congresso ratificò quindi la creazione di un distretto ex novo (1790): il District of Columbia (D.C.). Un quadrato di 10 miglia per lato su un territorio concesso da MARYLAND e VIRGINIA (successivamente la Virginia si riprenderà la terra donata, in un processo chiamato retrocessione: ecco perchè il distretto non è più quadrato!).
Il luogo esatto fu scelto proprio da George Washington sul fiume Potomac. Purtroppo per lui, morirà prima di potersi insediare al Campidoglio.
George Washington commissionò la progettazione all’architetto francese Pierre L’Enfant, che si ispirò a Parigi. L’Enfant venne poi rilevato da Andrew Ellicott, ma il progetto originale rimase: grandi monumenti, parchi aperti, e un enorme viale alberato su cui esporli: il National Mall, largo 120 metri e lungo più di 3 chilometri.
Risultato in linea con le grandi aspettative, per la sede di Congresso (Capitol), Presidente (Casa Bianca) e Corte Suprema della nazione più potente al mondo (ma anche F.B.I., Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale).
E sebbene gli stili siano i più disparati (si spazia dal neoclassico al georgiano, dal gotico al moderno), secondo il prestigioso American Institute of Architects sei dei dieci migliori edifici del Paese si trovano proprio qui.
Eppure, nonostante l’aspetto grandioso i contrasti non mancano. Circa il 65% della popolazione è afroamericana: ecco spiegato il soprannome di “Chocolate City”. Un residente su due è laureato, ma uno su tre è analfabeta. Un lavoratore su tre è impiegato nel governo federale: settore che non conosce crisi, per cui il tasso di disoccupazione è molto basso.
La fascia più disagiata è quella afroamericana, per cui la capitale del Paese più potente del mondo convive con problemi di miseria, sicurezza e razzismo.
Vanta però un innegabile interesse turistico, ed è considerata una delle città più belle del mondo occidentale. Nel nostro viaggio le dedichiamo due giornate, iniziando proprio dal suo Campidoglio, il Capitol.
“Non abbiamo costruito templi nazionali ma il Campidoglio; non consultiamo nessun oracolo comune ma la Costituzione” – Rufus Choate (1833), avvocato
Secondo la filosofia americana, il Capitol appartiene al popolo, e quindi è aperto al pubblico. E noi ovviamente ne approfittiamo! Si capiscono tante cose, dalla visita di queste istituzioni.
Sede del Congresso fin dal 1800, il Capitol è cresciuto insieme al nuovo Stato. Perfino in piena Guerra di Secessione (1861-1865) Abramo Lincoln ne supportò l’ampliamento: si doveva dare un segnale positivo alla Nazione, e infondere fiducia nel futuro.
“Se la gente vede che il Campidoglio va avanti, è il segnale che vogliamo che l’Unione vada avanti” – Abraham Lincoln (1863), 16° Presidente USA
La scelta della posizione è strategica: sulla collina Jenkins Heights, oggi Capitol Hill.
“Jenkins Heights si erge come un piedistallo in attesa di un monumento… Nulla potrebbe competere con questo sito” – Pierre L’Enfant, lettera a George Washington (1791)
All’interno, la celebrazione del motto americano per eccellenza: “E Pluribus Unum“, la formula magica per creare in poco tempo un’entità forte e coesa partendo da realtà (geografiche, etniche, sociali e culturali) estremamente diverse. Ovvero, come creare gli Stati Uniti d’America.
“È quello che ci consente di perseguire i nostri sogni individuali e tuttavia riunirci come un’unica famiglia americana: E Pluribus Unum. Out of Many, One” – Barack Obama, 44° Presidente USA
Cuore del Capitol è la Rotonda, il luogo più sacro, usato anche per celebrazioni e veglie funebri d’eccellenza. Sopra la Rotonda, la Cupola, splendidamente affrescata dal nostro Constantino Brumidi, il “Michelangelo degli Stati Uniti”: un pizzico d’Italia di cui andare fieri!
Ovunque, statue e busti omaggiano non solo Presidenti e politici, ma anche personaggi famosi e nativi americani. Come Sakakawea, che guidò Lewis e Clark alla conquista del West (1804-1806). O Sequoia, conosciuto anche come George Gist, che inventò il sillabario Cherokee (1821).
Su pareti e soffitti, vari dipinti celebrano i momenti storici più salienti, dallo sbarco di Colombo al battesimo di Pocahontas. Una visita emozionante, utile a comprendere meglio questo grande Paese.
Non entriamo alla Casa Bianca, sede del Presidente, perché misure di sicurezza sempre più restrittive rendono la visita alquanto complicata. Ci limitiamo a fotografarla dall’esterno. Vari gli aneddoti, soprattutto sulla stanza ovale (tralasciando quelli “hot” su Bill e Monica!)
“Lo Studio Ovale ovviamente non ha angoli in cui ci si può nascondere” – George W. Bush, 43° Presidente USA
Ci dedichiamo quindi agli altri monumenti. Sono tantissimi! Io adoro i memoriali: mi affascina come vengono studiati in ogni minimo dettaglio. Qualunque aspetto, apparentemente insignificante, assume un grande valore simbolico. Decisamente, gli Americani sanno come celebrare e valorizzare la propria Storia!
Sul lato lungo del Mall, incontriamo i primi due memoriali: il Vietnam Veterans Memorial, e il Korean War Veterans Memorial.
Sul lato corto del Mall, all’altra estremità rispetto al Capitol, il Memoriale più antico, dedicato ad uno dei Presidenti più amati degli USA: Abramo Lincoln.
Il 28 agosto del 1963 da questo memoriale Martin Luther King Jr. tenne il famoso discorso “I Have a Dream…”, di fronte a 250.000 persone.
“La differenza tra un sognatore e un visionario è che un sognatore ha gli occhi chiusi, mentre un visionario ha gli occhi aperti” – Martin Luther King Jr., leader movimento diritti civili degli afroamericani
Passeggiamo tra Palazzi Governativi e Biblioteche: in un Paese giovane, accumulare libri e manoscritti era considerato un modo per creare un background culturale. Evidente sintomo di un complesso di inferiorità intellettuale, almeno all’inizio, nei confronti della vecchia Europa.
“Non c’è niente che possa meritare di più il nostro patrocinio quanto la promozione di scienza e letteratura. La Conoscenza è in ogni Paese la base più sicura della felicità pubblica” – George Washington, 1° Presidente USA
Forse anche per questo Washington D.C. è ricchissima di musei, tra cui varie esposizioni del prestigioso Smithsonian Institution. Dedichiamo un po’ di tempo all’Air and Space Museum, il Museo dell’Aria e dello Spazio.
Ancora nel Distretto, ma completamente diversa, la deliziosa GEORGETOWN (1751), più antica di Washington stessa: un curioso mixage di case d’epoca e ristoranti chic, cuore della movida della capitale.
Qui, la prestigiosa Georgetown University, privata e gesuita (1789), comporta la presenza in città di circa 20.000 giovani.
Delle anime si occupa invece la neogotica National Cathedral, episcopale, dedicata ai Santi Pietro e Paolo (1907-1990).
Ma siamo in America… Perfino in chiesa, le curiosità non mancano: il terrificante volto di Dart Fener, il cattivo di Guerre Stellari, sporge da un doccione (frutto di un concorso tra bambini per la creazione di un gargoyle), mentre una pietra lunare occhieggia da una delle duecento vetrate (chiamata Space Window), ricordo dell’allunaggio del 1969.
Attraversiamo un ponte sul fiume Potomac, ci lasciamo District of Columbia alle spalle, ed entriamo nella contea di Arlington, in VIRGINIA.
Ogni volta che vedo l’IWO JIMA MEMORIAL ne resto affascinata. Questo memoriale, ispirato alla foto di Joe Rosenthal “Raising the Flag on Iwo Jima”, scattata durante la battaglia, è di un realismo unico: dei sei uomini rappresentati, i tre sopravvissuti posarono di persona per lo scultore, mentre per gli altri vennero usate fotografie. Il risultato si vede!
Nei pressi, il CIMITERO NAZIONALE DI ARLINGTON: nato nel 1864 per l’esigenza di onorare i tanti caduti della Guerra di Secessione (1861-1865), che causò quasi 700.000 morti, è oggi luogo dell’ultimo riposo per selezionati membri delle Forze Armate e alcuni civili illustri.
Tra gli ospiti più famosi e onorati: John Fitzgerald Kennedy con la moglie Jacqueline, due figli e due fratelli senatori, Bob e Ted.
“Un uomo può morire, le nazioni possono sorgere e cadere. Ma un’idea sopravvive” – John Fitzgerald Kennedy, 35° Presidente USA
Per i caduti senza nome, si eleva maestosa la Tomba del Milite Ignoto, vegliata notte e giorno dal più antico e prestigioso reggimento americano: il 3rd U.S. Infantry Regiment (The Old Guard).
Infine, il PENTAGONO, Quartier Generale del Dipartimento della Difesa. La forma particolare dipende dal fatto che la struttura è posteriore alla rete stradale, mentre l’altezza è limitata per non ostacolare la vista del Capitol dal Cimitero di Arlington. Inaugurato nel 1943, in piena guerra mondiale, si presenta come fortezza inespugnabile: cinque cinture longitudinali su cinque piani, con 28 chilometri di corridoi e 40.000 dipendenti.
Quel maledetto 11 settembre 2001, il mondo si è fermato anche qui. Il suggestivo Pentagon Memorial – in cui, come sempre, nessun dettaglio è lasciato al caso – onora 125 dipendenti e 59 passeggeri dell’aereo dirottato che qui persero la vita. Ogni panca rappresenta una vittima, riunita per famiglia e orientata a seconda di dove si trovava: negli uffici, o in volo.
“Washington, capitale di una nazione la cui teoria di governo poggia sulle fondamenta dell’inalienabile diritto alla vita, alla libertà e alla ricerca della felicità” – Solomon Northup, 12 Anni Schiavo
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