“Se il Grande Spirito avesse voluto che noi vivessimo sempre nello stesso posto, avrebbe lasciato fermo il mondo” – Proverbio Navajo
La prima volta che l’ho vista, mi sono commossa. Non mi succede spesso.
Forse perché da bambina non mi perdevo un film western, sola col mio papà (a mia madre non piacevano, e i miei fratelli erano troppo piccoli).
“Il sole si leva, brilla per lungo tempo. Tramonta. Scende ed è perso. Così sarà per gli Indiani… Passeranno ancora un paio di anni e ciò che l’uomo bianco scrive nei suoi libri sarà tutto ciò che si potrà ancora udire a proposito degli Indiani” – Geronimo, Capo Apache
Forse il motivo è questo. O forse, a commuovermi ancora oggi è semplicemente la sua struggente bellezza. Probabilmente, entrambe le cose.
La prima volta che l’ho vista, accompagnavo un gruppo con pullman e guida, a metà degli anni ’90. Per vari motivi non ero riuscita a includerla. Ma c’era la possibilità di sorvolarla in aereo da turismo. Ho volato anch’io. Sono passati quasi trent’anni, ma ricordo bene la grande emozione. La Grande Bellezza.
Da quando i viaggi me li organizzo interamente da sola, questa tappa è diventata un must. E voglio renderla perfetta.
Percorsa da un anello sterrato di una ventina di miglia, la Monument Valley è compresa all’interno della NAVAJO NATION. Sono i Navajo a gestirne la visita. Ne hanno il monopolio. Pagato l’ingresso, si può entrare con la propria macchina, se è abbastanza alta e non si teme di riempirla di sabbia rossa.
Oppure, bisogna acquistare un’escursione dai Navajo ed entrare con i loro pulmini scoperti: per uscirne coperti di sabbia rossa, dopo essersi spostati… da un mercatino all’altro. L’artigianato locale è sempre interessante, ma forse non abbastanza da sacrificargli una visita come questa.
Noi ci arriviamo dal GRAND CANYON, percorrendo la mitica US 163. Come Forrest Gump: avete presente quanto corre, corre, corre… e poi si ferma qui, con la Monument Valley sullo sfondo. Già da lontano, qualcosa di magico.
Ma entrarci con le nostre macchine… con tutti i fotostop che vogliamo, nei punti più belli, quando la luce del pomeriggio comincia a tingere le mesa, le butte e le spire di tutti i toni di rosso… Beh, è un’altra cosa.
Adoro guidarci dentro! Le nostre macchine lo consentono. Morricone in sottofondo, e via! Fino ai punti più remoti, dove i pulmini dei Navajo non arrivano. Via dalla pazza folla. La Valle è tutta per noi.
Un pomeriggio di emozioni (e non solo per me!). Usciamo in tempo per il tramonto, da un punto panoramico privilegiato che abbraccia tutta la Valle.
Che giornata! Ma non è finita. Amo questo posto, non ne ho mai abbastanza.
E allora scelgo di dormire proprio qui, vista valle, nelle moderne casette dello storico Goulding’s Lodge. Una cena con i Navajo, e andiamo a dormire emozionati, con gli occhi pieni di immagini indelebili.
Poche ore dopo, usciamo alla spicciolata… e ci ritroviamo tutti (più o meno in pigiama – io sempre in prima fila!) ad aspettare il sorgere del sole, proprio dietro le butte. Altra luce, altri colori, altre occasioni di foto. Un altro miracolo.
Una finestra privilegiata, dal quale un John Ford non ancora così grande, con un giovane John Wayne, immaginava le inquadrature dei suoi prossimi film.
Amo anche la storia di come questa valle divenne uno dei set cinematografici più famosi al mondo. E non parliamo solo di western…. Forrest Gump, ma anche Thelma & Louise, Ritorno al Futuro, Mission Impossible, Easy Rider, 2001 Odissea nello Spazio, e mille altri… Da quel primo western con John Wayne (La Diligenza, 1939), oggi ognuno può “immaginarsela” nel contesto che preferisce. E farla sua.
Mi piace la storia di come la valle è diventata famosa nel mondo. E mi piace raccontarla: è un bell’esempio della vita di frontiera, e dell’epopea del West. Narra di una giovane coppia, Harry Goulding e sua moglie Leone (che lui chiamava Mike), che all’inizio degli Anni Venti decise di trasferirsi qui, in mezzo al nulla, aprendo un trading post per allevare pecore e commerciare con i Navajo, unici loro vicini nel raggio di un centinaio di chilometri.
Gli affari andavano benino, ma pochi anni dopo la Grande Depressione fece crollare il prezzo della lana, lasciandoli in difficoltà. Invece di arrendersi e abbandonare l’avamposto, Harry fece scattare delle foto della valle e le portò a Hollywood, dove sapeva che il regista John Ford stava cercando una nuova location per i suoi film western.
All’inizio non vollero riceverlo.
Ma lui, con la flemma assorbita dai vicini indiani, non si scompose: srotolò la sua coperta Navajo, si sedette per terra, e aspettò.
Per fortuna nostra, non attese invano.
“Quello che hai visto ricordalo, perché quello che non hai visto ritorna a volare nel vento” – Proverbio Navajo
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