Da piccola facevo il tifo per gli Indiani. Non ho mai cambiato idea, solo che adesso è più corretto chiamarli Nativi Americani.

Un popolo che mi ha sempre affascinato. Lo stesso popolo che dodicimila anni fa partì dalle steppe della Siberia e raggiunse l’Alaska, attraverso la lingua di terra che collegava i due continenti durante l’ultima Glaciazione (vedi la mappa QUI).

Carro di pionieri, a Fort Laramie

I film western che guardavo da bambina, insieme al mio papà, li ritraevano come belve assetate di sangue. Ci sono voluti decenni, prima che anche la produzione cinematografica cominciasse a rendergli giustizia, sposando il mito del buon selvaggio. Grazie a capolavori come “Piccolo Grande Uomo” o “Balla coi Lupi“, oggi li vediamo sotto un’altra luce. Come esseri umani, con i loro pregi e i loro difetti, i loro sogni e i loro limiti. Finalmente.

Prima dell’arrivo degli Europei, in Nord America vivevano circa 10 milioni di Nativi. Molte tribù erano stanziali, lungo le coste degli oceani, o nell’interno. Altri, come Sioux, Cheyenne e Arapaho, erano nomadi nelle Grandi Pianure, e scandivano la vita seguendo i movimenti delle mandrie del “fratello bisonte“.

Bisonti americani: ridotti da 50 milioni a 1000 in soli cento anni; oggi ce ne sono 100.000

Tre secoli dopo, ai tempi della spedizione di Lewis e Clark (1804-1806), preludio alla Conquista del West, il numero dei Nativi era ridotto a un milione. A fine Ottocento, ne restavano soltanto 237.000.

In certe tribù, le malattie importate dai bianchi ne uccisero fino al 90%. Solo una minoranza rimase vittima dei fucili, nel corso di varie Guerre Indiane. I più irriducibili, ultimi ad arrendersi, furono proprio gli Indiani delle Grandi Pianure: personaggi come il Generale Sheridan (cui è stata dedicata la SEQUOIA più grande al mondo!), al motto di “l’unico Indiano buono è l’Indiano morto”, giustificarono qualunque “Soluzione Finale”.

Soluzioni come affamarli, distruggendo le riserve invernali di cibo dei villaggi, e massacrando i BISONTI, unica loro fonte di sostentamento.

Personaggi come Buffalo Bill, all’anagrafe William Frederick Cody (celebrato nel Museo del West di Cody, la sua città), si vantavano di poterne uccidere cento in un giorno: il fabbisogno annuale per una tribù media.

Fu la fame a spingere gli ultimi irriducibili nelle riserve, per salvare vecchi, donne e bambini dall’inedia.

“Ci vogliono chiudere nelle riserve vicino alle montagne, ma non voglio ubbidire perché mi piace vagare per le praterie. Lì mi sento libero e felice, ma quando mi chiudono e limitano è lì che impallidisco, e muoio” – Satanta, Kiowa

Intanto, la fame di terra dei bianchi veniva placata, nel silenzio assordante.

“Quando siete arrivati – disse il vecchio Indiano – voi avevate la Bibbia, noi la terra. Ci avete detto: “Chiudiamo gli occhi, preghiamo insieme”. Quanto li abbiamo riaperti, noi avevamo la Bibbia, voi avevate la Terra”

Oggi i Nativi Americani sono circa tre milioni. Dal 1924 hanno Diritto di Voto, e dagli anni Sessanta possono celebrare le proprie tradizioni. Sono liberi di vivere dove vogliono: in città, integrandosi nella multietnica società americana, o in una delle 325 riserve, dove dal 1987 la Corte Suprema ha legalizzato i Casinò quale fonte di reddito. Le differenze tra riserve sono enormi. Alcune sono i luoghi più poveri d’America, sede di nostalgici rassegnati, preda di alcool e violenze domestiche.

“Io nacqui nella prateria dove il vento soffiava liberamente e dove non c’era nulla a bloccare la luce del sole. Io nacqui dove non c’erano recinti e dove ogni cosa respirava liberamente. Io voglio morire là, e non dentro questi muri” – Dieci Orsi, Comanche

Altre, più lungimiranti e organizzate, sono tra le realtà più ricche del Paese, come i NAVAJO nel Sudovest, i SEMINOLE in Florida, gli OSAGES in Oklahoma o gli ATHABASCA in Alaska. Da Pocahontas in poi, la storia è lunga.

I più penalizzati oggi sono proprio gli Indiani delle Grandi Pianure. Un grande Popolo che ammiro, dotato di un’immensa SPIRITUALITA’.

“Grande Spirito, preservami dal giudicare un uomo non prima di aver percorso un miglio nei suoi mocassini” – Guerriero Apache anonimo

Colpisce, soprattutto, il profondo senso di RISPETTO di questo grande Popolo, oggi un po’ smarrito, ma presente.

“Il guerriero non è chi combatte, perchè nessuno ha il diritto di prendersi la vita di un altro. Il guerriero per noi è chi sacrifica se stesso per il bene degli altri. E’ suo compito occuparsi degli anziani, degli indifesi, di chi non può provvedere a se stesso e soprattutto dei bambini, il futuro dell’umanità” – Toro Seduto, Sioux

Rispetto per gli anziani, depositari del passato: fondamentale, per un popolo senza tradizione scritta.

“Gli anziani meritano il massimo rispetto, perché ci hanno tramandato le tradizioni, la cultura e la lingua. Essi ancora oggi, con la loro saggezza, ci aiutano a rendere migliore la nostra vita” – Sinta Glesha

Rispetto per i bambini, promessa del futuro.

“Non ereditiamo la terra dai nostri antenati, la prendiamo in prestito dai nostri figli” – Proverbio dei Nativi Americani

Rispetto per le donne, infaticabile motore della tribù.

“La donna è sacra. Noi rispettiamo le madri, le sorelle, le mogli, le figlie, le nipoti. Sono le donne che ci danno la vita, che ci nutrono e che ci insegnano a camminare e a parlare. Gli uomini sono i loro occhi, le loro orecchie, la loro bocca” – Birgil Kills Straight, Sioux Lakota

Museo del West, Cody: olio su tela

Rispetto per la Natura, in tutte le sue forme.

“La terra è sacra. Queste parole sono al centro del vostro essere. La terra è la nostra madre, i fiumi il nostro sangue. Perdere la nostra terra è come morire. L’indiano che è in noi muore con la perdita della sua terra natia” – Mary Brave Bird, Sioux Lakota

Rispetto per la parola data: una promessa vincola per sempre.

Infine, fondamentale: il Paradiso è in Terra; dobbiamo vivere bene qui e ora.

“Per voi uomini bianchi il Paradiso è in cielo, per noi il Paradiso è la Terra. Quando ci avete rubato la Terra ci avete rubato il Paradiso” – Piccola Foglia

Ovvia l’incompatibilità culturale con i coloni bianchi: dalla proprietà privata allo sfruttamento intensivo del territorio, concetti inconcepibili per i Nativi.

“La terra non appartiene all’uomo, è l’uomo che appartiene alla terra” – Capriolo Zoppo, Dwamish

Quanto alla parola data, non parliamo dei 400 Trattati di Pace disattesi dai bianchi… Meglio girare pagina.

Per me, la figura più rappresentativa della loro epopea è CAVALLO PAZZO: Tashunka Uitko per i suoi Sioux Oglala, parte della Nazione Lakota, Crazy Horse per gli Americani.

Carismatico nonostante il carattere timido e schivo, saprà riunire le tribù portandole alle uniche vittorie contro una maggioranza schiacciante di bianchi, assetati di terra, e di sangue.

“Avevamo bisonti per il cibo e le loro pelli per i vestiti e per i nostri tepee. Preferivamo la caccia a una vita di ozio nella riserva, dove eravamo spinti contro la nostra volontà. Abbiamo preferito il nostro modo di vivere. Tutto quello che volevamo era la pace e di essere lasciati soli” – Cavallo Pazzo

Dalla sua storia personale traspare sempre l’amore incondizionato per la sua gente. Più capo spirituale che guerriero, non cederà mai a lusinghe di fama o ricchezza. Anche per non infrangere la visione avuta da ragazzo, che lo voleva invulnerabile solo se fosse rimasto umile e votato alla causa.

“Una visione molto grande è necessaria, e l’uomo che la sperimenta deve seguirla, come l’aquila cerca il blu più profondo del cielo” – Cavallo Pazzo

Morirà a soli 34 anni, nel 1877, tradito dal suo stesso popolo: l’invidia gioca brutti scherzi. Soprattutto ai migliori.

“Il cane che lecca una mano non vede il coltello nascosto nell’altra” – Cavallo Pazzo

Sulle orme di Cavallo Pazzo, ho inventato questo viaggio nel FAR WEST, tra Indiani, Pionieri e Cowboy, alla scoperta della Conquista del West.

Uno dei miei viaggi preferiti, che ci consente di visitare anche parchi nazionali come YELLOWSTONE, ARCHES, CANYONLANDS, BADLANDS e MESA VERDE, e città come SALT LAKE CITY o la piccola DEADWOOD.

Benvenuti in Wyoming, The Cowboy State

Il nostro viaggio inizia e finisce a Denver, in COLORADO. Entriamo nello spirito del West con FORT LARAMIE, in WYOMING, il famoso forte del 7° Cavalleggeri di Custer. Partiranno anche da qui per vendicare Little Big Horn.

Fort Laramie: palazzina con gli alloggi del 7′ Cavalleggeri (sopra); interni delle camerate (sotto)

In SOUTH DAKOTA andiamo a trovare proprio lui, scolpito nel grandioso monumento-simbolo dei Nativi Americani: il CRAZY HORSE MEMORIAL.

Crazy Horse Memorial

L’idea del monumento fu di Capo Henry Orso in Piedi, un cugino di Cavallo Pazzo che credeva più nel potere delle idee, che delle armi. Il progetto fu affidato a Korczak Ziolkowski, che ci lavorò con amore per decenni, fino alla morte. Oggi è portato avanti dalla moglie Ruth e da alcuni dei suoi dieci figli, e si è ampliato con Museo, Centro Culturale e perfino Università Indiana.

“Vogliamo che l’Uomo Bianco sappia che anche l’Uomo Rosso ha grandi eroi” – lettera di Capo Henry Standing Bear a Korczak Ziolkowski

Il monumento è immenso. Chissà se lo finiranno mai. Solo la testa dell’eroe è alta quanto tutto Mt Rushmore. Per principio, non accettano contributi statali o federali, e si spesano solo con i proventi dei biglietti, o con donazioni.

Crazy Horse Memorial: notare le dimensioni dell”uomo in cima alla testa rispetto al resto

E intanto lui, in groppa all’amato destriero (da cui il nome “Pazzo per il suo Cavallo”, poi semplificato in “Cavallo Pazzo”) indica un luogo lontano.

“La mia terra è là, dove i miei morti giacciono sepolti” – Cavallo Pazzo

Le sue Paha Sapa, le Black Hills. Un posto Sacro.

Dove oggi – ironia della sorte, o perfido disegno! – le facce dei quattro Presidenti più famosi d’America dominano dall’alto del MOUNT RUSHMORE. Una foto, una passeggiata nel bosco, e procediamo.

Mount Rushmore National Memorial: da sinistra: Washington, Jefferson, Roosevelt e Lincoln

Rientriamo in WYOMING. Ancora nelle Paha Sapa, ci aspetta un altro luogo sacro ai Nativi, dove Cavallo Pazzo amava ritirarsi: TORRE DELL’ORSO, divenuta DEVIL’S TOWER (Torre del Diavolo) per una errata traduzione.

Devil’s Tower, vista attraverso l’opera dell’artista giapponese Mr. Muto (2007)

Un enorme budino di roccia che si staglia per chilometri, scena finale del film “Incontri ravvicinati del Terzo Tipo”. Una suggestiva leggenda indiana ne spiega l’origine, narrando di un ragazzo tramutato in Orso, delle sue 7 Sorelle – poi diventate Pleiadi – e di come si salvarono da lui.

E’ il momento di LITTLE BIGHORN, in MONTANA, dove i guerrieri di Cavallo Pazzo e Toro Seduto spensero l’ambizione dell’odiato Generale Custer, il soldato “Lunghi Capelli” autore di vari massacri nei confronti di civili inermi.

Montana, lo Stato dal Cielo Blu

“I soldati sono stati inviati in inverno, hanno distrutto i nostri villaggi. “Lunghi Capelli” [Custer] era con loro. Dicono che l’abbiamo massacrato, ma ci avrebbe fatto la stessa cosa se non ci fossimo difesi e non avessimo combattuto fino all’ultimo” – Cavallo Pazzo

Custer non è sepolto qui, ma una lapide ricorda il punto esatto in cui cadde, insieme a 267 del suo 7° Cavalleggeri (gli stessi di Fort Laramie). Interessante rievocare la battaglia e conoscere Custer da vicino, anche se troppe fonti ufficiali continuano a trattarlo da eroe. Curioso che prima della sua ultima battaglia si fosse tagliato i boccoli: come a Sansone, non gli portò bene!

Vicino al sito, uno splendido Memoriale Indiano con la Porta degli Spiriti invita tutti all’unità e alla pace, mentre incisioni su pannelli di granito rievocano le fasi della battaglia. Un monumento di grande suggestione!

Little Bighorn Battlefield National Monument, Indian Memorial
Indian Memorial, particolare di uno dei pannelli di granito, dedicato a Cavallo Pazzo

Nuovamente in WYOMING, visitiamo un posto magico, tuttora ritenuto sacro: MEDICINE WHEEL, la Ruota della Medicina. Antica quanto l’uomo, si trova in posizione strepitosa sul costone di una montagna, a tremila metri di altitudine. Più vicino al Grande Spirito.

Medicine Wheel, la Ruota della Medicina

“Essere indiano è un atteggiamento, uno stato d’animo, un modo di essere in armonia con tutte le cose e tutti i viventi. E’ permettere al cuore di essere il distributore di energia su questo pianeta, portando vitalità dalla Terra e dal Cielo” – Brooke, Aquila di Medicina

Una strada, prima asfaltata e poi sterrata, porta fino sulla cima. Ancora una passeggiata e ci siamo, con panorami mozzafiato da entrambi i lati.

Medicine Wheel, sentiero per raggiungere il sito, a 3000 m s.l.m.

La prima volta che l’ho vista ho rischiato il divorzio. Col mio solito entusiasmo, avevo trascinato marito, genitori e figli fin sulla cima. Con un camper enorme! Lo sterrato era così stretto da non permettere alcuna manovra. E di un ripido… Ma io DOVEVO vederla! Più di vent’anni dopo, la strada è un po’ più larga, e continua a non esserci nessuno. Tranne me, e chi viaggia con me… Ci torno ogni anno. Eccome se ne vale la pena!

Un recinto sul tetto del mondo, sopra le nuvole del fondovalle. Un nastro colorato, una penna o qualche oggetto personale, lasciato lì per gli Spiriti, ci ricordano che il luogo è Sacro. Qui amo recitare una preghiera indiana per i defunti. Semplice e bellissima, in tema con la spiritualità del luogo.

Medicine Wheel: notare il teschio in primo piano, un ex voto

“Non avvicinarti alla mia tomba piangendo. Io non sono qui. Io non sono morto…” – Canto Indiano per i defunti

Cavallo Pazzo, il tuo spirito aleggia ancora, sulle montagne e praterie del Far West. Basta saperti ascoltare…

Consentimi di usare il tuo grido di battaglia, anche per le nostre scaramucce quotidiane: CORAGGIO LAKOTA, OGGI E’ UN BUON GIORNO!

HOKA HEY!

Graditissimo dono del compagno di viaggio Giorgio G.

“Saremo ricordati per sempre dalle orme che lasciamo” – Proverbio Sioux

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